RAFFAELLO E GLI AMICI DI URBINO

RAFFAELLO E GLI AMICI DI URBINO

Palazzo del Duca – Urbino dal 3 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020

Mostra a cura di Barbara Agosti e Silvia Ginzburg. Direzione di Peter Aufreiter

“Raffaello e gli amici di Urbino” è promossa ed organizzata dalla Galleria Nazionale delle Marche, diretta da Peter Aufreiter, ed è curata da Barbara Agosti e Silvia Ginzburg.

Testo e Foto Gabriele Ardemagni

Raffaello Sanzio a pochi mesi dal 2020 cinquecentenario della morte del grande pittore marchigiano viene celebrato con una grande mostra a lui dedicata in compagnia di amici e colleghi di quell’epoca cosi rivoluzionaria per l’arte ma non solo. I due principali artisti che lo affiancano in questa mostra sono Timoteo Viti ( il più anziano del trio ) e Girolamo Genga ( una vera e propria riscoperta ), la sede espositiva non poteva che essere Palazzo Ducale che fu fatto erigere dal signore e condottiero ma anche mecenate Federico da Montefeltro per rafforzare le difese dello splendido borgo. Confesso che le emozioni si sono susseguite incessantemente in queste mie 24 ore di permanenza: Urbino é uno dei borghi più belli che abbiamo in Italia ( e nel mondo ) e poter girare per le sue ripide e strette vie giorno e notte ti fa quasi ripiombare nei bei “tempi andati”, entrare a palazzo poi del leggendario Duca é qualcosa di davvero unico l’atmosfera che si respira in quelle ampie sale ci ricorda i fasti dei nobili rinascimentali, e poi la sensazione più grande di tutte ovvero ritrovarsi di fronte a ben 19 opere di Raffaello riunite dal direttore del Palazzo della Galleria Nazionale Marche il signor Aufreiter. Quest’ultimo insieme alle curatrici Barbara Agosti e Silvia Ginzburg va detto ha fatto un lavoro notevole nell’assicurarsi prestiti importanti da ogni dove ( principalmente dal Regno Unito ) per poter celebrare in pompa magna questi artisti fondamentali per la storia della pittura.

La mostra occupa un intera ala del Palazzo al piano terra e si snoda in sei sale che raccontano altrettanti periodi, potrete approfondire il tutto nel testo riportato dopo il comunicato stampa ufficiale qui sotto.

L’occasione é ghiotta, poter visitare questa mostra che si conferma una delle più importanti da qui a inizio 2020 e contestualmente visitare la splendida Urbino con il suo Palazzo Ducale, la Galleria Nazionale Marche e la Casa di Raffaello solo per citare alcuni luoghi noti che potrete trovare gli uni a poche centinaia di metri dagli altri.

Si ringrazia l’Ufficio Stampa Studio Esseci

https://studioesseci.net/mostre/raffaello-e-gli-amici-di-urbino/

Comunicato Stampa

“Indaga e racconta, per la prima volta in modo così compiuto, anticipa il Direttore Aufreiter, il mondo delle relazioni di Raffaello con un gruppo di artisti operosi a Urbino che accompagnarono, in dialogo ma da posizioni e con stature diverse, la sua transizione verso la maniera moderna e i suoi sviluppi stilistici durante la memorabile stagione romana”.

“Fondamentale il ruolo giocato da Pietro Perugino nella formazione e nel primo tratto dell’attività di Raffaello, qui letta in parallelo con quella dei più maturi concittadini Timoteo Viti e Girolamo Genga, le ricerche dei quali ebbero a intersecarsi con il periodo fiorentino e con l’attività romana del Sanzio”.

“È muovendo dal retroterra comune, dalle esperienze condivise, e dal confronto con le differenti reazioni di fronte ad analoghe sollecitazioni di cultura figurativa, che meglio risalta l’eccezionale ‘stacco’ compiuto dal giovane Raffaello, e che si intendono caratteri e limiti del percorso degli artisti urbinati contemporanei a lui in quel momento più legati,” sottolineano le Curatrici della mostra.

“Nella nuova dimensione di scuola assunta dal lavoro di Raffaello durante il pontificato di Leone X stanno le premesse per i successivi svolgimenti della pittura moderna nel ducato urbinate, con l’emergere della personalità di Raffaellino del Colle dalla costola di Giulio Romano e soprattutto con l’omaggio ai modelli formali e decorativi raffaelleschi tentato da Genga all’indomani della morte di Raffaello ma in piena continuità e contiguità con il suo magistero”.

“La mostra è dunque – ribadiscono le Curatrici – un’occasione di misurare, in un contesto specifico di estrema rilevanza quale quello urbinate e nelle sue tappe maggiori, la grande trasformazione che coinvolse la cultura figurativa italiana nel passaggio tra il Quattro e il Cinquecento. A queste scansioni corrispondono, nella riflessione storiografica costruita da Vasari e fatta propria dagli studi successivi, il momento iniziale dell’adesione dei pittori della fine del secolo XV alle prime novità introdotte da Leonardo, ovvero alla adozione di quella “dolcezza ne’ colori unita, che cominciò ad usare nelle cose sue il Francia bolognese, e Pietro Perugino; et i popoli nel vederla corsero, come matti a questa bellezza nuova e più viva, parendo loro assolutamente che e’ non si potesse già mai far meglio”.

http://www.gallerianazionalemarche.it/raffaello-e-gli-amici-di-urbino/

Filo conduttore della mostra è l’attività dei pittori urbinati Timoteo Viti (1469-1523), Girolamo Genga (1476-1551) e Raffaello Sanzio (1483-1520).

Diversi per età, per talento e per formazione, i tre artisti reagiscono variamente alle sollecitazioni che incontrano allontanandosi dalla città natale, mossi da una volontà di aggiornamento che li accomuna, ma che li porterà a compiere scelte molto differenti. Pur incrociandosi più volte, i loro percorsi divergeranno infatti significativamente.

Seguendo la loro storia attraverso diversi contesti la mostra permette di assistere al passaggio dalla pittura del tardo Quattrocento alla piena fioritura della Maniera moderna, osservandone spinte propulsive, accelerazioni e resistenze.

L’itinerario espositivo è articolato in 6 sale, che conducono dalla fase più acerba della attivitàdei tre artisti a Urbino fino alla grandiosa stagione romana di Raffaello e al suo lascito.

Sala I

Urbino alla fine del Quattrocento: Raffaello giovane e gli esordi di Timoteo Viti

Timoteo Viti si forma nell’ultimo decennio del Quattrocento a Bologna con Francesco Francia, protagonista insieme a Perugino di un mutamento della pittura verso una  “dolcezza ne’ colori unita” (Vasari) allora del tutto nuova, ma presto spazzata via dalle ben più audaci innovazioni emerse dalle ricerche di Leonardo sulla rappresentazione della natura e degli affetti.

Questi modelli bolognesi sono determinanti per le opere eseguite da Viti dopo il ritorno a Urbino, dove alla decorazione della cappella Arrivabene in duomo lavorò con Girolamo Genga, ex allievo e poi fidato collaboratore di Luca Signorelli.

La formazione di Raffaello, a tutt’oggi molto discussa, è richiamata attraverso il suo possibile esordio nella bottega di Perugino e gli studi compiuti sulle opere di Signorelli, esperienze che precedettero la sua collaborazione con Pinturicchio (1502-1503) tra Perugia e Siena, e la flagrante adesione a Perugino (1502-1504). Sono tappe del suo sviluppo rappresentate da opere precoci tra cui le due ante di altarolo oggi divise tra la Galleria Nazionale delle Marche e una collezione privata americana, alcuni disegni, il San Sebastiano della Accademia Carrara di Bergamo.

Sala II

Raffaello e Girolamo Genga tra Firenze e Siena

Il cruciale soggiorno di Raffaello a Firenze iniziò alla fine del 1504, imponendo il confronto con le ricerche di Leonardo, tema al centro di opere qui esposte come la Madonna Conestabiledell’Ermitage, il ritratto femminile degli Uffizi detto la Gravida, e la Madonna Colonna dei Musei di Berlino

Anche Genga poco dopo era a Firenze, dove in principio fu molto segnato dall’ influenza di Perugino; vi tornò poi più volte da Siena, aggiornandosi su Fra Bartolomeo e sulle opere fiorentine di Raffaello, come documentano alcuni dipinti esposti in mostra.

Sala III

Le strade di Raffaello e Genga nel secondo decennio

La travolgente crescita di Raffaello nella Roma di Giulio II si segue dalla più precoce Madonna Mackintosh, ancora legata alle esperienze fiorentine, alla Madonna Aldobrandini, che risente del primo impatto con la volta sistina di Michelangelo e dell’intensa vivacità del colore sperimentata negli affreschi della Stanza di Eliodoro.

I contatti di Raffaello con gli amici pittori, come Viti o il perugino Domenico Alfani,  determinano intanto la diffusione di alcune sue invenzioninel contesto umbro-marchigiano.

Profondamente maturato nella Firenze di Fra Bartolomeo, Raffaello e Michelangelo, Genga dispiegherà una reinterpretazione del tutto particolare dei modelli della Maniera moderna esperiti negli anni trascorsi in Toscana, come dimostrano alcuni dipinti suoi per la prima volta qui presentati al pubblico italiano.

 Sala IV

Due frammenti dell’attività di Raffaello nella Roma di Giulio II e di Leone X

Un’opera di speciale importanza sta a rievocare la decorazione della cappella di Agostino Chigi nella chiesa di Santa Maria della Pace a Roma, l’impresa compiuta da Raffaello al tempo di papa Giulio II nella quale già Vasari registrava una nuova maestosità, generata dal precoce contatto con il soffitto della Cappella Sistina.

Si tratta di uno dei due tondi bronzei realizzati su disegno di Raffaello per essere collocati sulla facciata della cappella Chigi, ai lati della nicchia con l’altare, completando la decorazione a frescocon Sibille e Profeti. Questo cantiere decorativo fu teatro della collaborazione tra Raffaello e Timoteo Viti, convocato a Roma dal maestro nel 1510-1511 come assistente proprio in questa circostanza.

Il cartone preparatorio per una delle scene affrescate sul soffitto della Stanza di Eliodoro nel Palazzo Vaticano (1514), l’apparizione di Dio a Mosè sotto forma di roveto ardente, è imponente testimonianza della crescita di Raffaello a contatto con le sollecitazioni della scultura antica e con la monumentalità della pittura di Michelangelo durante l’età di Leone X.

Sala V

L’attività di Genga in Romagna e l’epilogo urbinate di Viti

Nonostante la collaborazione con Raffaello, Viti rimase pressoché impermeabile alle stupefacenti novità incontrate nell’Urbe, attestandosi sostanzialmente sulla cultura della propria formazione nella sua ultima attività a Urbino al servizio del duca Francesco Maria della Rovere e della sua corte.

Diversamente, Genga si spostò a lavorare in Romagna, dove eseguì opere che illustrano la totale autonomia con cui si fece interprete delle novità studiate in Toscana. L’enorme pala d’altare realizzata per la chiesa di Sant’Agostino a Cesena fra 1513 e 1518, oggi smembrata, di cui la mostra espone la cimasa, un comparto della predella, diversi disegni preparatori, è esito delle ricerche compiute su Fra Bartolomeo, sulle opere fiorentine diRaffaello, sulle stampe nordiche. E’ qui la prima prova di Girolamo nel campo della progettazione architettonica, in seguito predominante nella sua attività.

Sala VI

Dopo Raffaello

 Da Cesena Genga si trasferì a Roma alla fine del secondo decennio, in tempo per intercettare la fase estrema di Raffaello pittore e architetto e gli esordi dei suoi allievi,rappresentata in mostra da spettacolari opere tra cui l’impressionante cartone per la pala con la Lapidazione di santo Stefano, nato dalla collaborazione con Giulio Romano.

Scomparso Raffaello nell’aprile 1520, fino al rientro al servizio di Francesco Maria Della Rovere Genga restò attivo nella Roma tanto più austera di papa Adriano VI, dove Giulio, erede maggiore del patrimonio di disegni del maestro urbinate, ne sviluppava la lezione formale e tecnica, catalizzando a sua volta l’attenzione di molti giovani artisti provenienti da altri centri d’Italia o d’Europa.

Articolo e foto in uscita sul prossimo numero del mensile Miraflores Press

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